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Lo scorso 18 ottobre, si è svolta nella cattedrale di Barcellona una Liturgia eucaristica in occasione del 40° anniversario della Comunità di Sant'Egidio, presieduta dal cardinale Lluís Martínez Sistach. Tanti amici si sono fatti attorno alla Comunità per celebrare questo momento di gioia e di gratitudine. Omelia dell'arcivescovo di Barcellona, card. Lluís Martínez Sistach
Con questo carisma e la sua diffusione, il Signore ha voluto prendere tantissime persone, come ha fatto con Ciro, nel testo del profeta Isaia che ci ha parlato oggi, per dire a ogniuna di queste persone: “io ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo sebbene tu non mi conosca". Per realizzare questo progetto di fede e di amore avete messo in centro alla vostra vita Gesù. Sono entrate nel profondo dei vostri cuori come dono prezioso di Dio queste parole che Egli ha ispirato al profeta Isaia: "Io sono il Signore, e non v’è alcun altro. fuori di me, non c’è dio”. E avete ascoltato queste parole che l’Apostolo Paolo ci ha rivolto oggi: “Sappiamo che siete stati eletti da lui”. Per questo siete gioiosi di essere cristiani e figli della Chiesa. Lo proclamate con un grido di gioia. Oggi c'è tanto bisogno di questo per essere testimoni di Gesù nel mondo, per vivere la felicità che da la fede e per manifestare ai giovani e agli adulti che sono intorno a noi che solo il Signore riempie totalmente di gioia il nostro cuore e da senso gioioso alla nostra vita.
Nel Vangelo di oggi, Gesù ha dato una risposta piena di sapienza e che è diventata un patrimonio dell’umanità. Alla domanda dei farisei e gli erodiano se era lecito o meno pagare il tributo a Cesare, Gesù, guardando una moneta del tributo in cui c'era la figura di Cesare, risponde: “Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. Queste parole di Gesù sono diventate una regola di oro per i rapporti tra quello che è religioso e quello che è profano, affinché le persone possano vivere con pieno rispetto il diritto fondamentale della libertà religiosa. E’ anche una regola di oro per i rapporti tra la Chiesa e lo Stato, tra la comunità religiosa e la comunità politica. Si trata di due comunità diverse e autonome con scopi diversi, ma tra di loro ci deve essere cooperazione perché ambedue sono al servizio della realizzazione personale e sociale delle stesse persone. Il concetto di laicità positiva, sana e aperta, non è qualcosa di strano alla tradizione cristiana. Benedetto XVI ha sottolineato la sua inequivocabile matrice cristiana. Il suo fondamento sta appunto nelle parole della risposta di Gesù ai farisei che abbiamo ascoltato nel Vangelo. E’ ben legittima una sana laicità dello Stato, in virtù della quale le realtà temporali si governano secondo norme che gli sono proprie, senza escludere, però, i riferimenti etici che hanno il suo fondamento ultimo nella religione. Possiamo osservare che a Gesù chiedono su affari di Cesare, no su affari di Dio. Eppure lui soleva elevare le proprie risposte ad un livello in cui non vivevano coloro che l'interrogavano. Poiché Gesù è venuto a parlare di Dio, parlerà loro di Dio anche se loro non gliel’hanno chiesto. Nella risposta di Gesù, “cesare” è ridotto alla sua legittima dimensione: quella di non essere Dio. Dunque, non è padrone di quei valori intoccabili che sono patrimonio dell’anima (della persona umana) e di cui la persona umana deve fare i conti solo davanti a Dio. I cristiano stiamo nel mondo, ma non siamo del mondo. Abbiamo delle responsabilità nella Chiesa e nella società. Questo doppio impegno battismale lo vive e lo rende più forte la Comunità di Sant’Egidio, mentre si prende cura della spiritualità e della santità dei suoi membri, spingendoli a vivere tutto questo anche nel lavoro per trasformare le strutture della società affinché crescano nel mondo la pace, la giustizia e la fraternità. |
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