L'intervista
Dico no al riarmo Ue. Amo la Germania ma aumentare le spese militari, con l'Adf al 20% non è una buona idea
Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, con che spirito sarà in piazza domani?
«Con grande preoccupazione per il disordine internazionale e per la riabilitazione della guerra come strumento di risoluzione dei conflitti. Infatti noi di Sant'Egidio ci saremo sia con le bandiere della pace che con quelle dell'Europa».
Che piazza si aspetta?
«Di gente comune, che possa garantire finalmente una spinta popolare per un'Europa più forte».
L'Europa è stata spesso vista come lontana, burocratica.
«Questa grave crisi è l'occasione per ridarle una nuova forma di unità. La civiltà europea esiste. Quando sei lontano, a Giakarta, Hong Kong o in Africa, ti accorgi che il nostro è un continente umanista con una sua personalità unica. Siamo quello spazio dove non c'è la pena di morte, per dire».
In Ucraina che deve fare l'Europa?
«In questi tre anni è mancata l'azione diplomatica: avrebbe potuto evitare il tracollo. Sono stato in Ucraina e ho visto i mutilati, sono immagini che uno non dimentica. Ci sono almeno sei-sette milioni di ucraini rifugiati all'estero e che forse non torneranno più».
Ora c'è il piano di riarmo di von der Leyen.
«Preferisco investire su diplomazia e su uno strumento di difesa comune».
Non è comunque una prima risposta politica a Trump e Putin?
«Questi 800 miliardi rinviano l'appuntamento con la difesa comune e puntano invece sul riarmo nazionale: non è il senso giusto».
Molti pensano che al momento non c'era altra scelta.
«Io penso che non sia attuabile. Ma mi chiedo se sia auspicabile. Amo la Germania. Ma non credo sia una buona idea riarmare un Paese dove l'Afd ha più del venti per cento. Kohl aveva un'altra idea di difesa. Così Mitterand. Travolti dall'angoscia della guerra abbiamo dimenticato tutto».
Non c'è solo la guerra veramente. È che ci ritroviamo nudi dentro un nuovo mondo.
«Il complicato mondo evocato da Gramsci. Come sopravviveranno i piccoli Paesi europei a fronte dei grandi colossi mondiali: hanno bisogno di coalizione e di fusione. Coalizione che comprenda tutti i Paesi su alcuni punti, come una Comunità politica europei, ma fusione dei Paesi che intendono affrontare coesi la politica estera, la difesa e le sfide del futuro».
Che rischi corrono questi Paesi?
«Di diventare irrilevanti nel mondo e indifesi, alla fine una Disneyland dove si fanno belle vacanze».
Che Europa dovrà essere?
«Con grande preoccupazione per il disordine internazionale e per la riabilitazione della guerra come strumento di risoluzione dei conflitti. Infatti noi di Sant'Egidio ci saremo sia con le bandiere della pace che con quelle dell'Europa».
Che piazza si aspetta?
«Di gente comune, che possa garantire finalmente una spinta popolare per un'Europa più forte».
L'Europa è stata spesso vista come lontana, burocratica.
«Questa grave crisi è l'occasione per ridarle una nuova forma di unità. La civiltà europea esiste. Quando sei lontano, a Giakarta, Hong Kong o in Africa, ti accorgi che il nostro è un continente umanista con una sua personalità unica. Siamo quello spazio dove non c'è la pena di morte, per dire».
In Ucraina che deve fare l'Europa?
«In questi tre anni è mancata l'azione diplomatica: avrebbe potuto evitare il tracollo. Sono stato in Ucraina e ho visto i mutilati, sono immagini che uno non dimentica. Ci sono almeno sei-sette milioni di ucraini rifugiati all'estero e che forse non torneranno più».
Ora c'è il piano di riarmo di von der Leyen.
«Preferisco investire su diplomazia e su uno strumento di difesa comune».
Non è comunque una prima risposta politica a Trump e Putin?
«Questi 800 miliardi rinviano l'appuntamento con la difesa comune e puntano invece sul riarmo nazionale: non è il senso giusto».
Molti pensano che al momento non c'era altra scelta.
«Io penso che non sia attuabile. Ma mi chiedo se sia auspicabile. Amo la Germania. Ma non credo sia una buona idea riarmare un Paese dove l'Afd ha più del venti per cento. Kohl aveva un'altra idea di difesa. Così Mitterand. Travolti dall'angoscia della guerra abbiamo dimenticato tutto».
Non c'è solo la guerra veramente. È che ci ritroviamo nudi dentro un nuovo mondo.
«Il complicato mondo evocato da Gramsci. Come sopravviveranno i piccoli Paesi europei a fronte dei grandi colossi mondiali: hanno bisogno di coalizione e di fusione. Coalizione che comprenda tutti i Paesi su alcuni punti, come una Comunità politica europei, ma fusione dei Paesi che intendono affrontare coesi la politica estera, la difesa e le sfide del futuro».
Che rischi corrono questi Paesi?
«Di diventare irrilevanti nel mondo e indifesi, alla fine una Disneyland dove si fanno belle vacanze».
Che Europa dovrà essere?
«Non contro. Non contro la Russia, anche se va sempre ricordato che Mosca ha aggredito Kiev. C'è un grande spazio politico, ma bisogna fare di più per unire chi ci sta, non emarginando chi non ci sta».
Da dove comincerebbe?
«Dal superare il potere di veto. Mi ricorda quando si giocava tra ragazzi e un compagno scontroso rimetteva in discussione le regole con cui si era deciso di giocare».
Come finirà la pace Putin-Trump?
«Ho sofferto per come Trump ha trattato Zelensky, ma il fatto che si parli di pace mi sembra positivo soprattutto se viene dagli Stati Uniti».
Le divisioni sul riarmo si riverbereranno in piazza?
«Più che le divisioni m'interessano le prospettive. C'è un comune denominatore, e ci sono opinioni diverse. Partirei da qui».
Da dove comincerebbe?
«Dal superare il potere di veto. Mi ricorda quando si giocava tra ragazzi e un compagno scontroso rimetteva in discussione le regole con cui si era deciso di giocare».
Come finirà la pace Putin-Trump?
«Ho sofferto per come Trump ha trattato Zelensky, ma il fatto che si parli di pace mi sembra positivo soprattutto se viene dagli Stati Uniti».
Le divisioni sul riarmo si riverbereranno in piazza?
«Più che le divisioni m'interessano le prospettive. C'è un comune denominatore, e ci sono opinioni diverse. Partirei da qui».
[ Concetto Vecchio ]